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Maria Agresta commenta così la storia della canzone "O surdato 'nnamurato" che fu oggetto di censura da parte del re durante la prima guerra mondiale perché accusata di muovere i soldati a essere disertori per una grande colpa, quella di cantare la nostalgia dell'amore lontano. È un viaggio dentro e intorno alle canzoni d'oro della musica napoletana di tradizione quello disegnato e interpretato dal soprano Maria Agresta, voce di velluto e inclinazione al ricamo con una carrellata di canzoni che prendono velocemente il volo e conquistano i cuori e la sensibilità della platea. Quella sensibilità perduta e quel culto delle sfumature perdute nei tempi moderni della velocità, del consumo veloce della vita e dell'incitamento all'odio. Un ristoro per l'anima, questo concerto in cui le melodie napoletane celebri intessute con intensità drammatica e finezza vocale dalla Agresta sono accompagnate da arrangiamenti orchestrali scritti dal direttore d'orchestra Maurizio Agostini che hanno dato uno scintillante tocco hollywoodiano alla performance. Orchestra in gran forma con pianista di sala e mandolinisti.
"Chist’è ‘o paese d’ ‘o sole,
chist’è ‘o paese d’ ‘o mare,
chist’è ‘o paese addó tutt’ ‘e pparole,
so’ doce o so’ amare,
so’ sempe parole d’ammore."
Su "O sole mio" tutto il pubblico canta in estasi e come bis una ricamatissima ""a vucchella" e uno spigliato "Funiculi' funicula'" riassumono l'umore di uno spettacolo tra toni festosi, gioia e momenti di intensità lirica.
Margherita Gargano
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