lunedì 12 febbraio 2024

Novecento, il pianista sull'oceano


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In scena al teatro Cortese il monologo di Alessandro Baricco, un capolavoro di voci e colori che compie 30 anni. La storia di Novecento, un uomo che vive su una nave perché ha paura dell'immensità del mondo e racconta le sue emozioni facendo scorrere le dita tra gli 88 tasti del pianoforte è la storia di tutti noi. La parola di Baricco, diventa caleidoscopio di storie, voci e dettagli che vivono e incantano il pubblico nell'interpretazione magistrale di Mario Mauro, moderno cantastorie che, nei panni del trombettista amico di Novecento e testimone della sua storia, ci racconta una favola come una leggenda antica perché "se si ha una storia da raccontare e qualcuno a cui raccontarla si è sempre salvi". Mauro, nella sua meravigliosa e intensa interpretazione del monologo che non conosce mai cadute di tensione e attenzione né in lui né nel pubblico, è accompagnato al pianoforte dal pianista Carlo Berton, autore delle musiche originali dello spettacolo in cui si mescolano ragtime, jazz ballad e suggestioni da Chopin, di cui rivisita un valzer, e Piazzolla. Il pubblico partecipa,si emoziona, vive lo spettacolo respirando con la musica e immaginando luoghi, volti e storie dipinte dalle parole dell'interprete.
Un bambino in fasce abbandonato sulla coda di un pianoforte della prima classe di una nave che nell'anno 1900 portava, in terza, poveri emigranti in  viaggio verso la sognata America. È Novecento, un bambino nato e vissuto sulla nave, un pianista geniale che impara da solo e per dono divino a suonare una musica mai udita perché "Quando non sai che cos'è, allora è jazz", che cresce come una leggenda con un nome improbabile, "il pianista sull'oceano" attirando curiosi e musicisti da tutto il mondo. Lui che conosce il mondo attraverso gli occhi dei viaggiatori che compiono la traversata in mare, ne assapora il gusto, ne sente odori e suoni, ne vede forme, vivendo come proprie le emozioni che si provano passeggiando sulle rive della Senna abbracciati dai colori del tramonto e da un lieve venticello della sera, senza mai essere sceso dalla nave e aver visto terra ferma. Un uomo che sente gli altri, e legge loro l'anima, vivendo la loro vita traducendo in cascate di accordi e note mai udite, come un Mozart reincarnazione, citando un pezzo della colonna sonora scritta da Ennio Morricone per lo straordinario film che Giuseppe Tornatore ha tratto dal monologo. Novecento è malinconicamente felice fino a che un desiderio nuovo non si affaccia nella sua mente: la voglia di vedere l'oceano con gli occhi non dei marinai ma degli uomini che vivono sulla terra ferma,  quindi non come terra natia ma come mistero. Il desiderio diventa fonte di infelicità. Novecento decide di compiere il rito della rottura. L'addio, la vestizione col cappotto dell'amico, con, nelle parole e negli occhi le immagini di una nuova vita sulla terraferma, simile alla vita di tanti uomini. E poi, il crollo. Il terzo gradino della rampa di discesa, l'ultimo gradino. La scoperta,lo shock. Non è quello che vede a spaventarlo, ma quello che non vede. La fine. Non c'è una fine alla città. Sulla nave, il mondo è circoscritto, Novecento è qualcuno. Nella grande città, Novecento diventa un numero nella folla anonima, in una vita determinata da scelte casuali, da non scelte, dove si prende quello che c'è e non quello che si conosce, riconosciuto. È il tema dell'identità dell'uomo sperduto nella metropoli dei tempi moderni, della disumanizzazione della realtà in cui l'uomo non è più misura della sua dimensione vitale,ma ne è, al contrario, ingoiato, come una formica affannata nel procurarsi cibo e in fuga da pericoli in mezzo a milioni di formiche. È il tema toccato da Italo Calvino nelle sue storie di Marcovaldo, il manovale ingenuo e puro che si muove in una Torino industriale fiabesca quanto estranea e ostile rispetto alla sua dimensione e alla sua immaginazione. È il tema della solitudine dell'uomo immerso nella folla dei tempi moderni, nella perdita delle antiche comunità della civiltà contadina e che trova oggi un contraltare meraviglioso nel mondo della musica,con le sue suggestioni e le sue fughe nell'interiorita'. La nave, la musica, la città dell'anima,in un mondo indifferente e estraneo. Dopo 30 anni, diciamo ancora grazie ad Alessandro Baricco.
Margherita Gargano 
 


"Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti ai margini della Senna, loro. Tu sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi suonare. Loro sono 88, tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo può vivere. Ma se tu, ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai, e questa è la verità, che non finiscono mai e quella tastiera è infinita... Se quella tastiera è infinita, allora su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. Tu sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio. Cristo, ma le vedevi le strade? Anche solo le strade. Ce n'è a
 migliaia, come fate voi laggiù a sceglierne una,
 a scegliere una donna, una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire. Tutto quel mondo, quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce e quanto ce n'è. Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell'enormità, solo a pensarla?”

sabato 3 febbraio 2024

Le canzoni che raccontano

 

 

Le canzoni che raccontano chi sei

Damiano dei Maneskin, un poeta incompreso 

Coraline

~ Maneskin ~

Dimmi le tue verità, Coraline, Coraline

Dimmi le tue verità, Coraline, Coraline

Dimmi le tue verità, Coraline, Coraline

Dimmi le tue verità, Coraline, Coraline

Coraline bella come il sole

Guerriera dal cuore zelante

Capelli come rose rosse

Preziosi quei fili di rame, amore, portali da me

Se senti campane cantare

Vedrai Coraline che piange

Che prende il dolore degli altri

E poi lo porta dentro lei

Coraline, Coraline

Dimmi le tue verità, Coraline, Coraline

Dimmi le tue verità, Coraline, Coraline

Dimmi le tue verità, Coraline, Coraline

Però lei sa la verità

Non è per tutti andare avanti

Con il cuore che è diviso in due metà

È freddo già

È una bambina però sente come un peso

E prima o poi si spezzerà

La gente dirà, "Non vale niente"

Non riesce neanche a uscire da una misera porta

Ma un giorno, una volta, lei ci riuscirà

E ho detto a Coraline che può crescere

Prendere le sue cose e poi partire

Ma sente un mostro che la tiene in gabbia, che

Che le ricopre la strada di mine

E ho detto a Coraline che può crescere

Prendere le sue cose e poi partire

Ma Coraline non vuole mangiare, no

Sì, Coraline vorrebbe sparire

E Coraline piange

Coraline ha l'ansia

Coraline vuole il mare ma ha paura dell'acqua

E forse il mare è dentro di lei

E ogni parola è un'ascia

Un taglio sulla schiena

Come una zattera che naviga in un fiume in piena

E forse il fiume è dentro di lei, di lei

Sarò il fuoco ed il freddo

Riparo d'inverno

Sarò ciò che respiri

Capirò cos'hai dentro

E sarò l'acqua da bere

Il significato del bene

Sarò anche un soldato

O la luce di sera

E in cambio non chiedo niente

Soltanto un sorriso

Ogni tua piccola lacrima è oceano sopra al mio viso

E in cambio non chiedo niente

Solo un po' di tempo

Sarò vessillo, scudo

O la tua spada d'argento e

E Coraline piange

Coraline ha l'ansia

Coraline vuole il mare ma ha paura dell'acqua

E forse il mare è dentro di lei

E ogni parola è un'ascia

Un taglio sulla schiena

Come una zattera che naviga in un fiume in piena

E forse il fiume è dentro di lei, di lei

E dimmi le tue verità, Coraline, Coraline

Dimmi le tue verità, Coraline, Coraline

Dimmi le tue verità, Coraline, Coraline

Dimmi le tue verità, Coraline, Coraline

Coraline, bella come il sole

Ha perso il frutto del suo ventre

Non ha conosciuto l'amore

Ma un padre che di padre ha niente

Le han detto in città c'è un castello

Con mura talmente potenti

Che se ci vai a vivere dentro

Non potrà colpirti più niente

Non potrà colpirti più niente

martedì 23 gennaio 2024

Poesia

L'amore, come dovrebbe essere
Ph. Margherita Gargano

La prima volta non fu quando ci spogliammo
ma qualche giorno prima,
mentre parlavi sotto un albero.
Sentivo zone lontane del mio corpo
che tornavano a casa.

Franco Arminio (Bisaccia, 1960), da Cedi la strada agli alberi. Poesie d’amore e di terra (Chiarelettere, 2017)

mercoledì 3 gennaio 2024

Sì."C'è ancora domani"



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C'è ancora domani. Un film di ispirazione neorealista, certo, nella scelta del bianco e nero, nelle inquadrature che si soffermano su luci e ombre nei volti dei protagonisti, che indagano sugli spazi angusti di una casa povera, teatro di violenze e sugli spazi della piazza, del mercato,del buono e cattivo vicinato, luoghi della gioia e della sofferenza condivisa e della chiacchiera del rione. Ma anche un film fintamente melo', una commedia umana che acrobaticamente si destreggia su un filo disteso sul baratro della tragedia, un film che fa del vero, sposato apertamente come in un manifesto, il proprio concetto di bello, indulgendo raramente in momenti decorativi, se non quando questi assumono un significato narrativo. Una storia che sceglie l'evidenza del dramma come punto di vista e procede con linearità sulla scorta delle strategie frutto dell'intelligenza di una donna, la protagonista interpretata dalla regista, Paola Cortellesi, che sa leggere la realtà alla luce di una consapevolezza che acquisisce a sue spese, giorno per giorno, nella forza di un'idea, quella di dare un esempio di vita alla figlia e salvarla da un destino scritto. 
Pensavo di sapere tutto sulla vita dell'epoca,e in parte sulla condizione femminile negli anni Quaranta, avendo visto film neorealisti, raccolto racconti di nonni, visto documentari; tuttavia, fin da principio, solo parziale è la sensazione di assistere ad un film già noto, per le vicende e l'ambientazione. Sensazione che dura poco in quanto viene quasi subito sconfessata dallo spessore degli interpreti, capaci di dare mille volti ad ogni battuta, dal tocco leggero e femminile della regia che sdrammatizza dove ci sarebbe da tremare e, soprattutto dal finale, che liberamente gioca con le aspettative dello spettatore e le tradisce,dando una grande lezione di libertà e emancipazione. Ed è il garbo pungente de "La sera dei miracoli" di Lucio Dalla, a raccontarci, nella poesia del quotidiano, la notte in cui matura la scelta di rivendicare la propria identità da parte della protagonista, la scelta di milioni di donne che allora scrissero un pezzo di storia.
Una storia lineare e coerente come un teorema pitagorico, che arriva dritta all'obiettivo e nei suoi dettagli lasciati qua e là, tra una richiesta di perdono dopo un abuso domestico e una violenza psicologica di un giovane amore tossico e che ci mostra come il 1946, purtroppo, non sia molto lontano. Il finale è un colpo di teatro che ci insegna come certi cliché, serviti su un piatto d'argento dalla trama di un film, possono fare capolino da qualche angolo della memoria e portarci pericolosamente indietro. Un film per tutti, ma soprattutto per le scuole, perché le nuove generazioni imparino, riflettano e costruiscano un futuro migliore.

martedì 26 dicembre 2023

Scriabin, il pianoforte, la furia, la passione, il misticismo


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#rairadio3 #lastanzadellamusica #mariangelavacatello #scriabin #pianoforte #sonate #CD #vacatellosuonascriabin #integraledellesonate


"LA MUSICA DI DEBUSSY SEMBRA NASCERE DA CORDE NON PERCOSSE, LA MUSICA DI SCRIABIN DA DITA CHE SI MUOVONO NELL'ARIA" Mariangela Vacatello

Il suono etereo, la passione romantica, l'ossessione per l'ornamentazione (arpeggi, trilli) che diventa progressivamente strutturale e farà scuola ai pianisti improvvisatori jazz, la furia distruttrice che supera i limiti del pianoforte fino a prevedere un accordo in fortissimo con più di 50 note sul finire della settima sonata, il fascino del fuoco, fonte di redenzione e distruzione, le avventure complesse dell'anima in un vortice di colori cangianti che si tramutano l'uno nell'altro, in un progressivo abbandono della tonalità a favore dell'accordo mistico per quarte, fonte di suggestioni trascendenti che suggeriscono la trasfigurazione della materia. Questo e altro ancora nella lezione concerto tenuta per Radio 3 da uno degli astri del pianismo contemporaneo, la versatile pianista campana Mariangela Vacatello, in occasione dell'uscita del secondo CD del suo lavoro dedicato all'integrale delle sonate di Scriabin per la casa discografica Stradivarius, un progetto dedicato al compositore russo più enigmatico che la letteratura musicale ci abbia mai regalato, comprendente anche una performance tv della Vacatello per gli spettatori di Rai 5, prossimamente prevista per il 22 e 23 gennaio. Post listziano, post chopiniano, pre avanguardistico, cultore di un'idea misteriosofica della musica come voce e chiave di accesso al divino di ascendenza pitagorica, una visione in cui l'interprete è il medium di un processo di purificazione dalle tempeste e i drammi della vita nella direzione di uno sgretolamento della materia e della costruzione di un universo di luci e colori di matrice misterica. Non a caso aveva progettato e realizzato uno strumento muto, il clavier à lumières per l'esecuzione della sua opera Prometeo o il Poema del fuoco del 1910, per il quale alcuni colori erano associati non a singoli suoni ma a macchie di suoni, accordi. La figura di Prometeo, che ha ispirato anche la famosa quinta sonata per pianoforte, sembra essere una trasfigurazione dell'autore stesso: il titano che, sfidando le leggi del fato e della natura, ha rubato il fuoco agli dei per donarlo agli uomini è simbolo del compositore stesso che attraverso la musica e i percorsi misteriosofici ad essa associati vuole donare all'uomo nuove verità dello spirito(aveva progettato anche un'opera mistica, Mysterium, che attraverso percorsi sinestetici voleva condurre l'uomo all'immersione mistica nel divino). Morirà giovane, Scriabin, a 43 anni, consumato dalla passione della sua ricerca, ma la sua musica resta un unicum nel patrimonio musicale di ogni tempo.

Conversazioni con Mariangela Vacatello, La stanza della musica, rai radio 3, 20/ 12 / 2023

In uscita il secondo volume dell'integrazione delle Sonate ad opera della pianista. Qui il link al sito della casa discografica Stradivarius.

Vacatello suona Scriabin, secondo volume


domenica 10 dicembre 2023

"Turandot", il dramma dei sentimenti inespressi

#turandot
#Puccini
#giacomopuccini
#teatrosancarlo
#primadigala
#napoli
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Turandot, il dramma dei sentimenti inespressi, tra sequel cinematografico con le proiezioni in bianco e nero su favola dark con antieroi incapaci di amare e ricoveri ospedalieri, pazienti cui è applicata eutanasia, sezioni di cadaveri sotto i camici tali che sembra di stare sul set di Doc nelle tue mani ma in versione horror.Opinabile la scelta del regista Vasily Barkhatov (contestato dalla platea a fine spettacolo) di trasformare un eroe romantico pronto a morire per conquistare la bella Turandot in un bamboccione col chiodo e il ciuffo alla Elvis che colleziona donne impossibili per poi lasciarle perché non sa amare.Citazioni dal terzo canto dell'Inferno con la figura di Caronte traghettatore delle anime, continuamente richiamata dalle barche sulla scena di un'opera che parla di morte impietosa mentre racconta dell'amore glacialmente cristallizzato in un'utopia. Citazioni anche dalle Metamorfosi di Ovidio in riferimento al mito di Orfeo che cerca di trarre Euridice dagli inferi, dando il senso della sconfitta all'impresa apparentemente vittoriosa di Calaf. D'altra parte questo ci racconta la macchina capovolta nel crash che ogni tanto compare in scena, a richiamo del sequel cinematografico dove Calaf uccide in un incidente d'auto se stesso e Turandot che non vuole sposarlo. Mah!

Nessun dorma! Nessun dorma!
Tu pure, oh Principessa
Nella tua fredda stanza
Guardi le stelle che tremano d'amore
E di speranza
Ma il mio mistero è chiuso in me
Il nome mio nessun saprà
No, no, sulla tua bocca lo dirò
Quando la luce splenderà
Ed il mio bacio scioglierà il silenzio
Che ti fa mia
Dilegua, oh notte
Tramontate, stelle
Tramontate, stelle
All'alba vincerò
Vincerò
Vincerò

 Direzione di Dan Ettinger all'altezza, che valorizza una musica spesso eterea nei suoi tratti orientali con melodie pentatoniche e sonorità angeliche come nei cori funebri ma si sente anche un'orchestra capace di passare repentinamente tra terrazze musicali di diversa intensità e puntellare gli eventi scenici con un interventi che fondono il ritmo musicale con quello scenico,come nel duetto tra l'imperatore e Calaf e nella scena dei tre indovinelli di Turandot. Vincono le due protagoniste, Sondra Radvanovsky che veste i panni della gelida Turandot con voce superba e possente ma qualche rigidità nei movimenti scenici e la splendida Rosa Feola - Liu' che, vestita come Alice in wonderland in versione punk, con i capelli rosso vino e gli anfibi, entra con garbo ma conquista la scena e guida Calaf e persino il colore orchestrale in climax lirici intensi mentre Yusif Eyvazov emoziona con una buona presenza scenica e attenzione ai colori della parte ma non sfonda la quarta parete. Il suo Nessun dorma, il momento che tutti aspettano come il più bello dell'opera, è un'aria che spunta sul tessuto orchestrale ma non lascia un segno profondo. La voce c'è, ma non arriva del tutto.Buona la prima.

Incontro con il pianista Hamelin

    Ci sono concerti unici nel loro happening e che lasciano il segno nelle pagine dei ricordi della vita musicale cittadina e universale. I...