sabato 7 dicembre 2024

Rusalka: fumetto cringe o opera fiabesca?

 



Cronache informali dal San Carlo. Giovedì 5 ho seguito la messa in scena dell'opera di apertura stagione: Rusalka di Dvorǰak, opera post wagneriana cantata in ceco ma con sottotitoli in inglese e italiano.
Un'opera raffinata, in cui si sente molto dello spirito liederistico di Brahms, un'opera fin troppo difficile per i non addetti, con il suo melodismo vocale e orchestrale continuo, figlio di una drammaturgia così diversa da quella dell'opera italiana, con proprie logiche interne. Tutto valorizzato splendidamente da orchestra e cantanti dalla vocalità morbida ma intensa che, con la loro bravura, non hanno però salvato un allestimento infelice. 

L'opera tedesca, figlia del singspiel e a sua volta del Lied e della poesia tedesca introspettiva e profonda fino alle lacrime, è già così lontana, per tradizioni culturali, dal modo italiano di percepire il teatro come parola azione da avere bisogno di qualcosa che aiuti e faciliti la percezione degli eventi scenici, non una messa in scena che ne avvilisca e banalizzi i contenuti.

E veniamo al dunque: la favola della ninfa delle acque che si innamora del principe umano e baratta la sua voce per avere una vita da umana, a metà strada tra la Sirenetta di Andersen e la favola ceca Undine, con un finale noir, la morte per accoltellamento del principe e la maledizione eterna della ninfa finisce su uno schermo sipario con un fumetto ultrapiatto. 

Il fiume diventa una piscina, le ninfe delle nuotatrici, il padre delle ninfe un allenatore in tuta da jogging e scarpette. La ninfa protagonista sembra una scappata di casa, sempre in tuta o accappatoio. La strega ha un fare da maitresse e fuma in scena tra una frase cantata e l'altra. 

Questa è la migliore visuale che si possa avere dei cantanti, quando sono inquadrati tutti dentro la buca rettangolare aperta nel sipario che ce li mostra come figure su uno schermo del cellulare mentre su tutto il sipario viene proiettato un fumetto di una bruttezza scandalosa. 

La migliore visuale dicevo. Perché in gran parte dello spettacolo, in questa buca del sipario noi dei piani alti abbiamo potuto vedere solo i piedi dei cantanti che evidentemente, nelle intenzioni del regista, devono avere un grande potenziale drammaturgico...

Il fumetto è letteralmente devastante. Colori bluastri che definiscono citofoni, piscine e trampolini, passeggiate in città di questa povera anima che anche nel fumetto ha perso la bellezza della ninfa e va in giro in cerca del suo crudele principe come una scappata di casa, sciatta fino all'inverosimile e depressa. 

Lui va in giro con gli amici in auto in cerca di avventure e la trova, o meglio, la investe. Questa la traduzione visiva del verso in cui lui accenna alle nebbie e lati bui della sua anima, evidente traduzione poetica della consapevole incapacità di amare. Definire questa traduzione scenografica banale è poco, il poeta autore dei versi potrebbe rivoltarsi nella tomba.

Alla fine non si più prende sul serio questo allestimento. Quando arriva l'urlo finale ci si chiede: ma è finita male? È un dramma? Perché le eterne passeggiate per la città bluastra della scappata di casa fumetto e i piedi scalpitanti della cantante vista nel buco del sipario sembrano suggerire un eterno ritorno di un dramma che gira su stesso ma non si risolve mai. Unici momenti di drammaturgia riuscita sono quelli in cui i cantanti e l'orchestra conquistano autonomia rispetto alle immagini orripilanti e parlano al cuore del pubblico.

Altre note al margine: le signore attempate distinte della platea che si chiedono: "ma tu resti fino alla fine?" " Ma sai io sono in comitiva...devo..." (e io penso con invidia: beate loro a 80 anni hanno la comitiva io ce l' avevo la a 16 anni)
Il mio vicino di loggione che mi ossessionava: non potevo guardare il telefono (conosco l'opera, ascoltavo la musica ma mi annoiavo con tutte quelle piscine cartoon) che dava i pugni sul parapetto e mi costringeva a nascondermi dietro la colonna per rispondere a un messaggio, quando poi dal palco arrivavano luci a neon che sembravano quelle delle sale operatorie degli alieni che fanno esperimenti sugli umani rapiti dalla terra. L'altro vicino tra un atto e l'altro si stiracchiava e dormiva con le mani dietro la nuca come per riprendersi dall'atto appena visto.Una coppia di giganti che sembravano usciti dal signore degli anelli mi spinge gentilmente in ascensore e quasi mi schiaccia senza neanche accorgersi che sono un essere vivente. Un giovane turista americano elegantemente vestito come un dandy e rosso di capelli mi ferma: "Ehi madame, ehi madame!" E mi mostra la cover del cellulare. C'è un oceano a separarci ma ha la mia stessa cover. Un gattino che si specchia e si vede come una tigre. Solo che la sua è usurata, la mia è nuova perché l'ho ricomprata. "It's the same! The same!" E scappo via. Ho incontrato l'anima gemella ma ci siamo persi di vista. Alla prossima Rusalka. Goodbye






Nessun commento:

Incontro con il pianista Hamelin

    Ci sono concerti unici nel loro happening e che lasciano il segno nelle pagine dei ricordi della vita musicale cittadina e universale. I...