"Sono le scelte che facciamo che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità"
Albus Silente
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SALANI EDITORE
Harry Potter e la pietra filosofale
Harry Potter e la camera dei segreti
Harry Potter e il prigioniero di Azkaban
Harry Potter e il calice di fuoco
Harry Potter e l'ordine della Fenice
Harry Potter e il principe mezzosangue
Harry Potter e i doni della morte
Oggi, 31 luglio, in questo Harry Potter's day, buon compleanno a JK Rowling, autrice della saga fantasy più famosa degli ultimi 30 anni. Un romanzo di formazione in 7 volumi, 8 film, e una pièce teatrale, Harry Potter e la maledizione dell'erede (su soggetto della Rowling e si discute se trarne un film) che ha regalato a più di due generazioni immagini e storie e dettagli di un mondo magico parallelo così compiuto da essere credibile e verosimile nei suoi personaggi e affetti.
Erano i primi anni '90 e Joanne Rowling, nelle sue prime esperienze lavorative post- studi universitari, cominciò, a bordo di un treno per Londra, a scrivere appunti sui personaggi di un romanzo, Harry Potter e la pietra filosofale, primo volume della saga, la cui elaborazione venne gradualmente inserendosi nei ritagli dei tempi di una vita ordinariamente piena, tra pause pranzo, impegni familiari, crisi coniugali e lavorative.
Fu nel 1995, al culmine di una crisi personale e professionale che la scrittura del primo volume giunse al termine. Dì lì, una serie di incontri fortunati: l'agente letterario giusto, Christopher Little, una piccola casa editrice indipendente, la Bloomsbury, che investì nella scommessa di un genere letterario che sembrava adatto a pochi amatori. La scrittura aveva offerto lo spazio di un'elaborazione di quanto le accadeva nella vita reale e le dette un'occasione di riscatto: il libro prese lentamente quota e poi, improvviso, il successo esplose, dando origine alla scrittura dei volumi successivi.
Cosa ci insegna la storia della Rowling, oggi scrittrice, sceneggiatrice, produttrice cinematografica? Sarebbe ovvio dire che il suo caso offre un esempio lampante di come sia possibile costruire un impero dal nulla attraverso la valorizzazione del talento e delle proprie risorse, perché, sarebbe inutile negarlo, il talento vuole sacrificio, abnegazione e ostinazione per dare i suoi frutti, ma per diventare successo e fama deve anche incontrare la fortuna; nel caso della Rowling è successo, con nostra gioia, ma, senza nulla togliere alla genialità originale delle intuizioni della scrittrice di Harry Potter, quanti autori di romanzi più o meno validi giacciono in un angolo dello scaffale virtuale di qualche casa editrice minore in attesa di essere scoperti? A noi non è dato saperlo. Possiamo, invece, trarne l'idea che ciò che è frutto del talento lasci, comunque una traccia in chi scrive e chi legge e che ciò che ha regalato alla sua autrice e ai suoi lettori sia l'elaborazione del conflitto, del lutto (in senso lato, da intendere come fine di qualcosa) e della sofferenza. Un luogo comune, questo, della critica letteraria che sembra calzare a pennello con la vicenda biografica e letteraria della scrittrice e che ci conduce anche alle tematiche di una saga che non è una semplice storia di maghi, per quanto sia incredibilmente accattivante il mondo che dentro vi è costruito, tra scope volanti, incantesimi buffi o terribili, pozioni magiche, cappelli parlanti, fantasmi terribili, dissennatori ladri di anime, mangiamorte, finti cattivi e veri mostri, bambini e maghi, castelli e pub irlandesi. Non è il colore dell'invenzione a tenere banco, anche se è il primo input che attira il lettore in un vorticoso gioco di immersione in una realtà magica che vive affianco alla vita dei cosiddetti "babbani", uomini, donne e bambini normali, non dotati di poteri magici, il cui destino, però, inconsapevolmente sembra legato all'esito della lotta contro il male che la comunità dei maghi conduce.
Il bene, il male, cosa c'è di nuovo, verrebbe da chiedersi. Il signore degli anelli, pietra miliare del genere, ha già offerto un'altissimo esempio di questa manichea divisione del mondo. E qui, proprio qui che la Rowling interviene, introducendo in Harry Potter una dimensione più che umana nell'ancestrale lotta tra la luce e l'ombra. Una storia fantasy di maghi, nata per intrattenere bambini e ragazzini alle prime letture, assume una dimensione epica di stampo cavalleresco, un carattere avventuroso che nulla invidia ai romanzi di Stevenson e si apre al romanzo psicologico. Il bene può travestirsi da male, per coadiuvare gli sforzi comuni, come nel caso di Severus Piton, che finge di essere un mangiamorte per aiutare Silente a compiere la sua missione e proteggere Harry Potter, il figlio della sua Lily o il bene rivestirsi di distacco indifferente, come nel caso di Albus Silente, una sorta di padre amoroso e saggio, punto di riferimento per il protagonista, disposto, però, a sacrificarne la vita pur di raggiungere l'obiettivo della sconfitta di Voldemort; questo non avverrà, ma non è chiaro se con la consapevole partecipazione di Silente o nonostante le sue aspettative.
Il bene si insinua nei dubbi di un madre, Narcissa Malfoy, pronta a tradire il suo signore per salvare il figlio da sicura morte, e soprattutto nelle vicende biografiche del male in assoluto, Lord Voldemort, nato Tom Riddle, signore dell'esercito del male, pronto ad assoldare centinaia di maghi plagiati e deviati per uccidere la razza inferiore, i babbani, appunto, gli uomini. I riferimenti storici non sono molto velati, evidentemente.
L'esercito del male si caratterizza come massa inerte di inconsapevoli che trovano vitalità solo nella lucida follia o nella violenta bestialità. Non c'è vera intelligenza, nel male, se non nelle pieghe delle azioni del capofila di tale esercito. Viene da chiedersi, però, cosa ci sia all'origine di tanto odio verso il genere umano da parte dell'innominabile Voldemort, colui che ha diviso la propria anima in sette parti (più un'ottava parte che vive nello stesso Harry), depositati ciascuna in un oggetto maledetto, l'horcrux, perdendo se stesso in ogni scissione pur di garantirsi la possibilità di rinascere in altrettante vite.
L'origine dell'odio, dicevamo. Tanti pezzi dell'anima e tante vite dedicate al male. Da dove deriva questo sentimento così radicale? E qui interviene la dimensione umana della Rowling, che dà un tocco quasi domestico a una storia che, invece, si è presentata con contorni epici. La storia di Voldemort/ Tom Riddle è la storia di un abbandono. Un bambino reso orfano alla nascita dalla morte della madre strega e che ha subito l'abbandono del padre non mago (babbano) in conseguenza del rifiuto dei poteri e della condizione magica della madre. Un padre che rifiuta, un'umanità che si odia. Quanti dittatori o uomini di potere sanguinari hanno alle loro spalle una storia di traumi, abbandoni, rifiuti? Quanto pesa la scelta dell'individuo nel proprio destino di bene o male? Secondo la Rowling, tutto, e, secondo la psicologia più spicciola, quella che leggiamo ogni giorno negli aforismi o nei post delle pagine a tema sui social, non è quello che ci capita nella vita a definire chi siamo, ma il modo in cui reagiamo agli eventi e elaboriamo.
L'elaborazione, appunto, ritorna qui il tema dell'arte, della scrittura come elaborazione del dolore. Elaborare, non distruggere. La Rowling incarna questa idea nel personaggio di Harry che, al culmine della tensione in un duello con Voldemort, scopre di avere gli stessi poteri del suo nemico e di potere sentirsi suo malgrado parte di quel male da cui era sfuggito e contro cui lottava. Ed è qui, in quella dimensione domestica del bene, in quella grande famiglia di maghi uniti in affetti, relazioni, sentimenti sinceri cui Harry sente di appartenere, nel sentimento dell'amicizia che lo lega ad Hermione e Ron, sentimento che è il vero tema centrale di tutta l'opera, e soprattutto nell'amore della madre scomparsa per salvarlo, divenuto benefico sortilegio grazie a questo sacrificio, magia d'amore che proteggerà Harry da quel momento fino alla quasi- morte e oltre, è in tutte queste dimensioni interpersonali e familiari in senso lato che Harry trova le ragioni della propria identità. Un'identità che nasce e si compie nella relazione, e che porta a dire a Lord Voldemort, paradigma dell'egotismo narcisistico e della prevaricazione: io non sono come te, pur potendo essere come te. Nella sintesi di poche parole, il senso della scelta di vita di un ragazzo, ed un messaggio autentico, per tutti noi.
In questa estate con Valerie Perrin...rileggendo per la seconda volta "Cambiare l'acqua ai fiori" e pronta per il viaggio con "Tre" mi sono trovata a riflettere sul valore del libro cartaceo (La musica è del cantautore francese ascoltato dalla protagonista di "Cambiare", del quale le viene anche dato il cognome).
Diciamo spesso che il libro digitale è l'orizzonte del presente, prima che del futuro, per la portabilità, l'economicità di spazi e peso, per tutti i vantaggi che derivano dalla fruizione di un oggetto digitale che è uno scatolo virtuale contenente milioni di parole, pagine, immagini a fronte di librerie fisiche zeppe, libri cartacei che affollano ogni mensola possibile, difficoltà a ricordare la collocazione di ogni testo al punto da pensare di dover ricorrere a un sistema di catalogazione da biblioteca (da ex bibliotecaria tirocinante posso dirlo, ci ho pensato e ne ho tenuto anche uno cartaceo per un po'). Tutto vero. Ma quale libro digitale potrebbe sostituire il piacere dell'oggetto fisico? Il richiamo di colori e copertine, il piacere di far frusciare le pagine una dietro l'altra. Confessiamolo, uno dei profumi più belli per gli amanti dei libri, è l'odore delle pagine di un libro nuovo, o il misterioso aroma di uno antico...Uno psicologo social e autore di numerose pubblicazioni(non ricordo chi) di recente disse che esiste un piacere ludico nello sfogliare le pagine dei libri. Girando ogni pagina, in pratica, si compie un misterioso gioco, che con un gesto ci fa tornare bambini. È la fisicità del rapporto con le cose e la realtà che, nel mondo attuale, ci riconduce a noi stessi, all'atto del conoscere come esperienza concreta. Accanto alla cultura immateriale che accogliamo e abbracciamo, conserviamo, dunque, nel ricorso a tutti i 5 sensi e non solo a parte di essi, il gioco e la fisicità...e allora...viva il cartaceo... e voi? Cosa ne pensate?
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Leggiamo romanzi in età adolescenziale, affascinati dal mistero del classico. Questo, però, si rivela in senso compiuto e pieno solo quando la Vita di chi legge si è riempita di vita e quindi, di strumenti interpretativi della vita stessa. Ecco che il Classico assume agli occhi di chi è consapevole di questo processo lo statuto di testo parlante in tutte le epoche e le lingue, come un'opera aperta che si rivela offrendo "tesori " nascosti al lettore a seconda del percorso che questi ha saputo disegnare e ridisegnare attraverso l'opera. Come ha evidenziato Iser, uno dei padri della moderna ermeneutica, l'atto della lettura è un percorso imprevedibile e unico sia in relazione alla natura personale dell'esperienza, sia al momento storico della lettura.
In parole semplici, il senso di ciò che si legge è costruito in maniera individuale e unica da chi legge perché l'atto della lettura non è altro che costruzione di significati realizzata attraverso la sintesi tra ciò che il pensiero dell'autore ci ha trasmesso e ciò che l'autore ha lasciato come spazio libero per la nostra immaginazione. Riempire gli spazi bianchi del testo con significati accessori e complementari che rinforzano o correggono il tiro significa riempire il racconto di propri ricordi, esperienze. E questo rende inevitabilmente unico l'atto della lettura, anche in relazione alla maturità personale del lettore, nelle sue diverse fasi della vita. Comunemente si dice "Leggo perché nelle parole dello scrittore riconosco definizione razionale di stati d'animo e ricordi di emozioni che conservo in me ma a cui non sapevo dare nome". Ecco, Iser, definendo la lettura come un viaggio nel labirinto del testo, in cui ogni lettore può trovare un proprio "filo di Arianna" per uscirne, diverso in ogni fase della vita, teorizza in maniera scientifica una percezione comune a ogni lettore e che ci conduce alla sintesi : una vita piena di libri e dei libri pieni della nostra vita vissuta.
Nel concetto di opera aperta entra, quindi, l'idea di una creazione dell'opera/romanzo/racconto/poesia in modalità live e a quattro mani, in collaborazione tra scrittore e lettore. Ormai è noto quanto la natura dell'uomo sia disposta all'attività, all'essere "homo faber", e quindi fruitore non passivo dell'esperienza estetica. L'uomo esercita, così, la creatività, e l'atto della lettura diventa a suo modo produttivo di immagini, concetti, idee, consapevolezze interiori.
La lettura ci insegna anche un altro assunto fondamentale: non conta solo l'esito di una vicenda, ma conta soprattutto il viaggio che si compie per raggiungere la meta, ma non vorrei implicitamente citare uno spot pubblicitario di qualche casa automobilistica.
Di seguito, un omaggio a Milan Kundera appena scomparso, qui ricordato in uno dei suoi testi fondamentali. Uno dei nostri Maestri, a cui rivolgerci per chiedere consiglio, come nella notte dei tempi si faceva, radunandosi intorno al fuoco per consultare la divina saggezza degli sciamani.
Margherita Gargano
„Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci guardi. A seconda del tipo di sguardo sotto il quale vogliamo vivere, potremmo essere suddivisi in quattro categorie. La prima categoria desidera lo sguardo di un numero infinito di occhi anonimi: in altri termini, desidera lo sguardo di un pubblico. […] La seconda categoria è composta da quelli che per vivere hanno bisogno dello sguardo di molti occhi a loro conosciuti […] C'è poi la terza categoria, la categoria di quelli che hanno bisogno di essere davanti agli occhi della persona amata […] E c'è infine una quarta categoria, la più rara, quella di coloro che vivono sotto lo sguardo immaginario di persone assenti. Sono i sognatori. Ad esempio Franz"
Citazione da "L'insostenibile leggerezza dell'essere"
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"L'acqua è un miracolo perché vive nella coesistenza di due opposti inconciliabili, idrogeno e ossigeno, l'uno brucia, l'altro secca, eppure insieme costituiscono questo nuovo elemento. La natura è fondata sull'ossimoro e l'uomo è costituito dall'ossimoro, questa armonia di contraddizioni."
"L'uomo vive nel desiderio e nella paura della scintilla ma le scintille sono nella nostra essenza perché, come ci dice la scienza, nella nostra stessa materia, noi siamo fatti di polvere di stelle".
ROSITA COPIOLI
"I FANCIULLI DIETRO ALLE PORTE"
VALLECCHI EDITORE
La poesia si incontra per caso nella propria vita, in un momento di crescita personale, e può capitare in qualunque momento, nella prima adolescenza, nell'infanzia, a volte nella maturità. Nel momento in cui ci si distoglie dalla piena e frenetica immersione nella vita e ci si ferma a riflettere e riflettersi, è in essa, nei versi e nei suoni di un poeta di epoche lontane e perdute o di un poeta contemporaneo, che si viene a trovare una superficie specchiante di moti e luci dell'animo. Ecco, in questo consiste l'essenza della poesia: la si ritrova in questo procedere per illuminazioni di frammenti di vita, sensazioni, stati d'animo.
La prosa è costruzione razionale di discorsi intorno all'uomo, la poesia è razionale fiume emotivo di esperienze che possono essere colte solo se sono state vissute, ragion per cui, a differenza di un romanzo, di cui si può avere una comprensione parziale o complessa, la poesia è radicale: o la si sente tutta pienamente, o lascia del tutto indifferenti.
Le poesie di Rosita Copioli sono così, disegnano voli immaginifici attraverso richiami a esperienze della vita costruiti con gli strumenti essenziali della sinestesia, con una sensazione che richiama un'altra e insieme tracciano il ricordo di un'emozione, e, in secondo luogo, con lo strumento del rimodellamento del topos letterario, nella poesia dei poeti viventi che si innalza sulle tracce del passato, da Saffo, a Leopardi, a Yeats.
Vi invito a leggere questi versi di Rosita Copioli, che procedono da suggestioni derivanti dalla prosa dello Zibaldone per arrivare alla poesia dei versi leopardiani e di autentici versi moderni di una poetessa contemporanea che apre squarci sul mistero della vita e del sacro delle emozioni.
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"Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta, alla sua gestione, all'umanità che ne scaturisce; a costruire un'identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati; a non divenire uno sgomitatore sociale; a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo.
In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell'apparire, del diventare.
A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde.
E' un esercizio che mi riesce bene e mi riconcilia con il mio sacro poco".
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Oggi è la giornata mondiale del libro! Ricordiamo le parole di Pier Paolo Pasolini, un intellettuale anticonformista la cui voce autentica non ha mai avuto timore di asserire le proprie verità:
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Benvenuti a tutti, mi presento.
Sono Margherita Gargano, insegno musica e pianoforte, scrivo e suono, sono una docente della scuola secondaria di primo grado, una pianista classica, ho esperienze come editor, consulente letteraria, giornalista culturale, archivista e bibliotecaria.
Sono laureata in lettere moderne e diplomata in pianoforte classico.
Seguo con passione la musica, in particolare classica, il jazz, la musica per il cinema, l'arte, il mondo dei libri e della cultura.
Ho aperto questo spazio per condividere con voi pensieri e interessi. A 8 anni ho scoperto il mondo dei libri e del pianoforte e da allora non li ho più lasciati.
Raccontare di tutti i libri letti finora sarebbe impossibile ma mi piace l'idea di scriverne in corsa agganciandomi con recensioni alle letture presenti o alle passate con breve ricordo "spotted".
A volte, qui, nei miei post allego video tratti dal mio canale Youtube dove interpreto pezzi al pianoforte con corredo di immagini a tema.
Tornando ai libri, posso dirvi che il tempo per leggere è rubato ai numerosi impegni della vita quotidiana ed in un certo senso è una conquista.
I miei primi tesori letterari a 8 anni sono stati La storia infinita di M. Ende e Mary Poppins di P.L.Travers. Li avrò riletti almeno 10 volte! Non esagero. Finiva il libro e non riuscivo a distaccarmene, tornavo daccapo a cercare nuove cose in quella dimensione nuova e parallela. E da allora non ho abbandonato mai questa dimensione.
E voi? Quali sono stati i vostri primi amori cartacei? In che modo la lettura entra nella vostra vita?
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#spotted
"Ogni amicizia, e ogni amore, è fatta di sacrifici nascosti, gesti che l'altro non conosce subito, e che a volte non conoscerà mai direttamente..." Jonah Lynch
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#recensioni
«Io sono amico», rispose Franco, «della filosofia facile e sicura che m'insegnano anche le rose.»
Pubblicato nel 1895, ma iniziato nel 1892 e pubblicato in anteprima sulle pagine del "Corriere di Napoli", il romanzo decretò il successo popolare dell'autore, Antonio Fogazzaro, senza stringere legami troppo forti con il romanzo di appendice, il cosiddetto feuilletton rosa e a puntate che era tanto in voga sui giornali dell'epoca.
La storia e i temi
Il racconto dell'amore contrastato tra un nobile patriota acceso da idealità romantiche e risorgimentali e da una fervente fede, diseredato da una nonna conservatrice e filo-austriaca, e una giovane borghese priva invece di queste idealità, piena di buon senso pratico e spirito critico razionale, di una modernità sorprendente, va ben oltre i classici cliché del romanzo rosa, ma diventa occasione di approfondita indagine sulle dinamiche psicologiche dei personaggi, affrontando questioni legate all'incomunicabilità, la distanza emotiva, l'autocoscienza, la crisi e la sua improvvisa risoluzione.
Romanzo di forti contrasti e tensioni tra frugalità quotidiana e fughe ideali, alto e umile, spirito romantico e pragmatismo borghese, Piccolo mondo antico rappresenta un microcosmo pullulante di esistenze minute che si muovono in un piccolo e quasi immutabile scenario di provincia, il paese della Valsolda sul lago di Lugano, i cui edifici antichi, portici, stradine, terrazze e moli sono testimoni di vite e consuetudini di centenaria memoria, destinate, tuttavia, ad essere investite dai potenti venti di novità provenienti dal grande universo della storia e dell'umanità.
I tempi e i luoghi
Il paesaggio, vivo e partecipe delle emozioni dei personaggi, con i suoi quieti borghi della provincia di Como affacciati sulla sponda orientale del lago di Lugano, diventa anch'esso personaggio della storia, carico di risonanze e suggestioni, nella cornice di un contesto storico pulsante e vivo, il Risorgimento, che puntella la vita dei personaggi e li obbliga a scegliere chi desiderano essere, come vivere, in quale fede credere.
Ambientato in piena età risorgimentale, tra il 1849 e il 1859, concludendosi alla vigilia della Seconda guerra di indipendenza, in una terra ai confini con la Svizzera, la Valsolda, che all'autore è cara in quanto terra natale della madre e luogo di ricordi personali di numerosi autunni della sua vita, il romanzo si apre con la narrazione del fidanzamento contrastato e del matrimonio segreto tra Franco Maironi e Luisa Rigey, per poi raccontare la storia della famiglia Maironi, le sue gioie, i suoi lutti, i suoi conflitti sia interni che con le famiglie d'origine, dettati da contrasti di natura politica, socio-culturale, spirituale, psicologica.
Dinamiche complesse che ruotano tutte intorno alla dialettica tra antico e moderno, che si collocano al centro come tema principale e diventano motore di una trama articolata e imprevedibile.
Lo stile
Il dualismo come categoria è anche cifra dello stile di Fogazzaro che adotta la semplicità fraseologica del discorrere a fronte di una voluta e ricca complessità del lessico. Le parole, ricche di riferimenti letterari a sentenze latine, versi di Orazio, Petronio, rime del Purgatorio dantesco, amplificano il bagaglio di significati che si associa ad ogni parola, dando ad ogni pagina il potere della rivelazione.
Colto e popolare si intrecciano, dunque, in maniera indissolubile: descrizioni paesaggistiche piene di suggestioni romantiche; percorsi narrativi di azione scorrevole o lente sequenze introspettive con scambi tra protagonisti in un linguaggio semplice ma elegante con focus su dettagli di gesti e aspetto dei personaggi; dialoghi nel dialetto della Valsolda, impossibili da comprendere senza traduzione in nota, che danno voce ai numerosi personaggi minori dai tratti comici che affiancano i protagonisti in una mescolanza che ha un tratto verista.
Chopin, Preludio op. 28 n.4
Pianoforte: Margherita Gargano
Il pianoforte e la musica nel romanzo
La musica, nello specifico la musica classica e romantica per pianoforte, è uno dei luoghi simbolici del romanzo ed è cassa di risonanza della personalità del protagonista, Franco Maironi, e delle sue relazioni con il mondo.
Improvvisatore di talento, pianista virtuoso mancato per difetto di volontà, genio romantico che vive esperienze di trasporto immaginativo e furore creativo ogni volta che si esprime al pianoforte, organista d'occasione, compositore che fugge da occasioni di concerto da salotto e da performance virtuosistiche adatte a pianisti come Kalkbrenner, Franco cerca nel pianoforte un intimo dialogo con le sue energie creative interiori, le sue emozioni profonde, e come un rabdomante vaga intorno al mistero dell'arte come linguaggio per interpretare la vita.
La sua è una versione privata e dilettantesca dell'artista romantico intorno a cui si disegna un'aura sacrale di sacerdote della musica, quale linguaggio dell'infinito. Ogni cosa è letta dal protagonista attraverso questa lente e persino il paesaggio della Valsolda viene definito "La sonata del chiaro di luna e della nuvole", con chiaro riferimento all'opera per pianoforte di Beethoven.
Si tratta di esperienze interiori che Franco vive in ritiro dal mondo nel disinteresse della nonna e nella totale incomprensione della donna che ama, Luisa, la quale, pur apprezzandone il talento, non comprende la sua musica, né la sua passione per il pianoforte, la poesia, i fiori che coltiva con dedizione, i quadri, passioni superiori alla passione per la vita.
Questa dimensione contemplativa e astratta, così fortemente criticata da Luisa che fieramente combatte per una giustizia terrena e non per i viaggi dell'anima e le conquiste dello spirito, viene delineata nel romanzo come propedeutica all'evoluzione del personaggio Franco.
Nell'orizzonte cattolico e moderno dell'autore, gli eventi si sviluppano fino all'esito del racconto secondo una logica interna ineccepibile ma imprevedibile agli occhi del lettore. I personaggi sono conquistati e vinti da ciò che negano, mutando vita e abito mentale.
Colpito da un terribile lutto, Franco saprà superare il proprio dolore e sceglierà di abbracciare la vita pratica, il lavoro e la lotta armata per il proprio ideale politico, la costituzione del Regno d'Italia, a partire proprio da questa ricchezza interiore coltivata e da una fede incrollabile; Luisa, invece, divenuta vittima del suo stesso razionalismo ateo finirà per approdare alle irrazionali pratiche dello spiritismo per riportare in vita un dialogo impossibile con la figlia perduta. Il buon senso dello zio Piero, fedele rappresentante di un mondo antico che tramonta e saluta il nuovo, riunisce i due coniugi e li riconduce ad un orizzonte comune in vista di nuovi eventi, nuove gioie, nuovi dolori.
Altri romanzi e trasposizioni
La vicende prosegue in altri 3 romanzi dell'autore:
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#pensieri
Leggere i classici permette di ritrovare una ricchezza di vocaboli, emozioni e personaggi che troppo spesso gli autori contemporanei più famosi hanno perso, o non hanno mai avuto. La lingua è essa stessa contenuto: di cosa vivrebbero le emozioni se non trovassero parole per essere espresse almeno in parte, secondo punti di osservazione diversi? Le parole sono emozioni e le emozioni, parole. La letteratura non è altro che indagine sui misteri dell'anima e i classici sono i detective più abili.
#leggerebene
di Margherita Gargano
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#pensieri
«Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro.»